Mi chiamo Rosa, e sono la moglie di Guglielmo, Ludopatico.
Ho frequentato i gruppi di coinvolgimento familiare parallelo presso la Fondazione Exodus’94 per accompagnare mio marito nel percorso terapeutico All’inizio, per me, è stato terribile dovermi sottoporre alla vergogna e paura di giudizio. Io sono una ragazza timida, riservata e non so come ho fatto. Ma fin dai primi incontri mi sono sentita accolta, ascoltavo in silenzio le storie delle altre mogli e rivedevo pezzi della mia storia matrimoniale infelice.
Piano piano ho cominciato ad esprimere qualche piccola emozione e a condividerla. Dei primi tempi ricordo la rabbia cieca, l’angoscia e il senso d’impotenza. Volevo separarmi, proteggere i miei figli. Poi sono stata aiutata a capire che mio marito era malato e non cattivo e vizioso. E che la ludopatia si cura come una malattia.
Non è stato facile ma ho fatto il percorso fino alla fine insieme a mio marito. Un cammino parallelo ma differente. Ho capito che anche io, non volendo, ho nutrito la sua dipendenza, e che i miei comportamenti non erano quelli giusti. Ho dovuto trovare la forza della fermezza ma non della minaccia che non sapevo portare a termine. La determinazione di continuare quando lui interrompeva. La responsabilità della gestione economica che non avevo mai saputo fare.
E’ stata dura. Non si può mai più abbassare la guardia, per tutta la vita, ma mio marito non gioca da due anni. Però ogni giorno deve scegliere di non giocare. Io, adesso, so che cos’è una dipendenza, conosco le dinamiche, i sabotaggi, le manipolazioni, i segnali di un pericolo imminente.
Non faccio più finta di non vedere. Sono attenta. Seguiamo ancora le verifiche ogni sei mesi, ma la nostra vita è cambiata, siamo in pace. A casa mia venivano gli usurai a minacciare i miei figli. Non posso cancellare quei ricordi, nessuno della mia famiglia può. Ma proprio perché li ricordiamo, sappiamo di non volerli più rivivere.
Grazie alla Fondazione e all’impegno che ci abbiamo messo, soprattutto al desiderio di mio marito di stare bene, io posso dire di aver trasformato un dolore atroce in una bellissima opportunità di cambiamento. Grazie per sempre.